La corte di Strasburgo si pronuncia sul caso Diaz: la colpa alla legislazione italiana 2


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La corte di Strasburgo si pronuncia sul caso Diaz: la colpa alla legislazione italiana

La negligenza delle forze dell’ordine ed un ordinamento giuridico da modificare, 45.000 euro di risarcimento per Arnaldo Cestaro.

“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.” Così recita l’articolo 3 della CEDU (Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e del cittadino), firmata a Roma nel 1950 dagli Stati Membri del Consiglio d’Europa, tra i quali c’era anche il Nostro. Guardando invece alla “Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”, conclusa a New York nell’ottobre del 1984 e anch’essa ratificata dal Nostro Paese, riscontriamo al primo comma dell’articolo 2 un richiamo del sopra citato articolo 3 della CEDU, con un importante obbligo aggiuntivo: “Ogni Stato Parte prende provvedimenti legislativi, amministrativi, giudiziari ed altri provvedimenti efficaci per impedire che atti di tortura siano compiuti in un territorio sotto la sua giurisdizione”. Tuttavia la legislazione italiana non vi si è conformata. Il codice penale italiano, infatti, non prevede il reato di tortura e a renderlo noto è stata in particolare la sentenza della Corte di Strasburgo, anche detta Corte EDU (istituita nel 1959 proprio dalla CEDU). La sentenza prevede infatti un risarcimento di più di 40.000 euro in favore di Arnaldo Cestaro 75enne vicentino, che il 21 luglio 2001 fu vittima di un blitz delle forze dell’ordine presso la scuola Diaz. Era il periodo delle rivolte dei no global durante il G8 di Genova e Cestaro, allora 65enne e militante di rifondazione comunista, si trovava in quella scuola per dormire. A mezzanotte partì il blitz e Cestaro fu sottoposto ad una cruda violenza gratuita, come raccontano alla Corte gli avvocati del ricorrente, Nicolò e Natalia Paoletti, Joachim Lau e Dario Rossi. Da quella notte Cestaro non ne uscì incolume, riportò infatti parecchie fratture, ma il danno più grave è stato quello morale che Cestaro, afferma, “non potrà mai essere risarcito con del denaro”, “perché quella notte ho visto la malvagità in coloro che sono lo Stato”, aggiunge. Ci aspetteremmo dunque che adesso si trovino i colpevoli di questo reato, ma così non potrà essere; infatti la negligenza delle forze dell’ordine, restie a collaborare per trovare i colpevoli, l’assenza dei numeri identificativi sulle divise delle forze dell’ordine (il nostro è uno dei pochissimi paesi al mondo a non averli), ma soprattutto l’assenza di un ordinamento giuridico atto a prevenire ed eventualmente punire un reato di tortura, sono tutti questi fattori che portano all’impossibilità di riscontrare uno o più colpevoli del malfatto e quindi ad infliggergli una pena. “Diaz non è stata sicuramente una bella parentesi, ma parlare di tortura mi sembra eccessivo”, afferma il segretario del Sap, il Sindacato autonomo di polizia, Gianni Tonell. Tuttavia non è solo il reato di tortura che si evince dal racconto di Arnaldo Cestaro. La corte di Strasburgo ha infatti evinto la violazione dell’articolo 6 della CEDU, che prevede il Diritto ad un Equo Processo (simile ma non uguale all’articolo 111 della Nostra Costituzione, che prevede il Diritto ad un Giusto Processo), ma soprattutto alla lettera c) del comma 3 del sopra citato art. 6, nel quale è previsto il diritto ad essere assistiti da un difensore. Diritto, quest’ultimo, negato a Cestaro dalle forze dell’ordine nella misura in cui hanno colpito chiunque si trovasse in quella scuola di notte, senza prima accertarsi su chi fossero i colpevoli dei disordini e, anzi, costituendo un verbale falso dell’accaduto e privando le vittime di ricorrere contro le forze dell’ordine davanti a un’istanza nazionale. 
Notiamo allora un’altra violazione, questa volta è l’articolo 13 della CEDU ad essere violato, che prevede il Diritto a un ricorso effettivo anche se la violazione è stata commessa da persone che esercitano le loro funzioni ufficiali. L’oggi 75enne Arnaldo Cestaro, che è diventato membro onorario del Comitato verità e giustizia per Genova, si dice soddisfatto del verdetto della Corte di Strasburgo, poiché questo potrebbe essere  la chiave di volta per  gli altri processi analoghi che si trovano in una fase di stallo, archiviati e mai risolti, proprio presso la Corte EDU.  Rimane tuttavia un interrogativo da porsi: Arnaldo Cestaro si trovava presso la scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001, ma perché?  Un militante di rifondazione comunista che, in quanto tale, non poteva sicuramente essere stato protagonista di proteste pacifiche, poiché rammentiamo tutti i malfatti compiuti dai manifestanti durante il G8 di Genova, che si trovava in quello che diventò un covo dei no global, era davvero di passaggio? Tuttavia, pur non potendo sapere (forse) ciò che Cestaro commise di giorno, dobbiamo sicuramente preoccuparci maggiormente di revisionare e adattare la legislazione italiana alle Convenzioni internazionali ratificate. E in effetti piccoli passi vengono mossi verso un cambiamento. La normativa che prevede gli atti di tortura, infatti, è già passata in seconda lettura alla Camera. Sta di fatto, però, che continui richiami vengono mossi verso l’Italia, tante parole vengono dette in TV dai nostri politici e pochi provvedimenti tangibili vengono presi. Con incalzanti scadenze per assumere regolamenti e direttive in ambito internazionale, lo Stato è sempre più soggetto a multe o risarcimenti che gravano sulle nostre nostre tasche, perché “lo Stato” siamo noi.  E qui direbbe il buon Totò “e io pago”… Come sempre.

Davide Spinnato

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2 commenti su “La corte di Strasburgo si pronuncia sul caso Diaz: la colpa alla legislazione italiana

  • Giulia Guastella

    Ottima analisi sul piano giuridico e dei richiami alla legge comunitaria. Sotto il profilo politico-sociale aggiungerei, inoltre, che non si sia trattato di uno "scontro" tra le forze dell'ordine ed i manifestanti, quanto più di un palese assalto dei primi sui secondi. Non si vuole giustificare l'azione dei black bloc perché, quando ben fatto, si apprezza l'operato delle forze dell'ordine come dignitosamente stabilito dai dettami della legge italiana. Ma quando l'ordine lascia spazio all'omicidio si è di fronte a ben altra situazione. I fatti di Genova del 2001 sono stati definiti un pestaggio da "macelleria messicana", dunque non direi proprio un ristabilimento dell'ordine. Di più: se veramente il nostro corpo di polizia avesse agito nel giusto, non vi sarebbe stata la paura di varare una legge in questi trent'anni che ci separano dalla Convenzione Onu dell'84 sulla tortura contro tale reato. C'è stata, probabilmente, perché per com'è inteso il sistema punitivo in Italia, si teme che la gente nelle carceri venga barbaramente uccisa piuttosto che ri educata severamente. E questo fornisce a mio parere lo spunto per diverse riflessioni altrattato connesse alla fattispecie del caso Diaz.